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L’apporto fondamentale di Aristotele alla logica

Quando parliamo di logica, generalmente, facciamo riferimento ad una parte della ragione che consente di concatenare delle parti di ragionamento, delle cause e degli effetti.

Usiamo l’aggettivo “logico” anche per sottolineare il carattere necessario di un determinato accadimento, di una conclusione, di un pensiero.

“Logico” è adoperato per fare emergere che un determinato aspetto ha maggiore diritto di cittadinanza, rispetto a tutti gli altri, in un ambito argomentativo, per far risaltare il suo carattere “automatico”, la sua supremazia in termini di correttezza del ragionamento.

Ma cos’è, invece, la disciplina denominata logica?

La logica, in Italia, è spesso presente tra gli insegnamenti delle facoltà universitarie di filosofia, sociologia, psicologia, informatica, ingegneria, matematica, fisica….

La cosa si fa ancora più intrigante: no?

La logica è associata alla semantica…ai simboli, agli operatori che congiungono, disgiungono, oppongono, collegano…

La logica è anche quella parte dell’analisi del discorso che i bambini scoprono fin dalla scuola elementare…

Come può questa disciplina cavalcare branche cosi eterogenee e apparentemente distanti tra loro?

La logica in Italia: un’infarinatura

Pensiero, ragionamento, correttezza, deduzione e anche inferenza. Ecco i termini che possono aiutare a situare la logica.

Vediamo, innanzitutto, come Aristotele presenta la logica.

Diciamo, dapprima, che egli non adopera esattamente questo termine. Si serve, piuttosto, di quello di “analitica”, per indicare la scomposizione di un ragionamento in elementi semplici.

Gli stoici, poi, attorno al 300 a. C., imporranno questo termine per riferirsi alle opere di Aristotele relative alla struttura del discorso, facendolo evidentemente derivare dal “logos”, ossia discorso, ragionamento o pensiero.

La celebre opera dal titolo Organon (Ὄργανον), di Andronico da Rodi, impegnato a riordinare sotto questo nome l’intera opera di Aristotele, considererà l’intera trattazione aristotelica, come un vero e proprio strumento di comprensione. Organon, infatti, significa proprio strumento.

In parole davvero assai semplici, potremmo dire che la logica è una grammatica indispensabile all’intero sapere scientifico. Essa è la condizione irrinunciabile della conoscenza e della scienza.

Senza logica è impossibile formulare un ragionamento e, soprattutto, comunicarlo ad altri tramite discorsi comprensibili.

In tal senso, la logica aristotelica va intesa come strumento e non esattamente come una disciplina.

Attraverso il linguaggio, la logica fa sì che un pensiero ed un ragionamento siano formulati ed espressi correttamente.

I concetti in logica

Nella logica che deriva dal lavoro di Aristotele, i concetti rappresentano le pietre, i mattoncini, del discorso e del ragionamento. Pertanto, essi possono essere ordinati in base alla loro estensione ed alla comprensione.

Un concetto esteso, universale, sarà il mattoncino che si riferisce al maggior numero di cose, di oggetti.

Invece, il numero di caratteristiche comprese da un oggetto determinerà il suo grado di comprensione. Comprensione indica il numero di caratteristiche, insomma.

È evidente, che comprensione ed estensione sono agli antipodi. Più un concetto è esteso ed universale, minore sarà il suo livello di comprensione, ossia il numero di caratteristiche e specificità da esso racchiuse.

Ogni concetto, poi, sarà sempre relazionato a due ambiti: il genere e la specie. Il genere, di carattere universale, comprende, al suo interno la specie, un ambito più ristretto. Il primo ha carattere di universalità e amplissima estensione, il secondo di specificità, appunto, e comprensione.

La scala aristotelica dei concetti avrà, dunque, ai suoi antipodi, rispettivamente le sostanze prime, o individui (massima comprensione e minima estensione), e le dieci categorie o generi sommi (massima estensione e comprensione minima).

Ma vediamo, come i concetti diventano operativi, dato che da soli resterebbero isolati gli uni rispetto agli altri.

Le proposizioni

Tutti, coloro che studiano logica in Italia, chi frequenta una facoltà internazionale di linguistica ed anche i semplici lettori di un fumetto illustrato, sanno che questo termine indica le frasi di senso compiuto.

Solo le proposizioni che affermano, per Aristotele, sono in grado di esprimere un significato. Possono, cioè, essere vere o false. E è questo che conta per un filosofo: la possibilità di ragionare ed esprimersi in termini di vero o falso.

Domande, esclamazioni, esortazioni non sono elevante, da Aristotele, al rango di frasi di senso compiuto o utile.

Esclamare: “dai che ce la fai!”; lamentarsi con “Oddio”; chiedere “come stai” o “che tempo fa”, non consente di acquisire conoscenza. Solo le frasi apofantiche, dichiarative o assertive consentono di conoscere e comunicare conoscenza, secondo il filosofo inventore della logica.

Le proposizioni aristoteliche, cosi delimitate, possono poi essere distinte in:

  • universali,
  • particolari,
  • affermative.

E le loro relazioni possibili sono bene illustrate, da Aristotele, attraverso il famigerato quadrato degli opposti.

Se sei già attratto dalla logica, e pensi che possa diventare, domani, il tuo oggetto di studi all’università, ti starai già interrogando su un altro aspetto: esistono delle proposizioni che pongono dei problemi?

Aristotele presenta due categorie interessanti in merito:

  • le proposizioni contrarie e
  • le proposizioni contraddittorie.

Le proposizioni contrarie sono, ad esempio, due frasi di senso compiuto che non possono essere entrambe vere, ma possono tuttavia essere entrambe false. Per esempio, se diciamo che tutti gli inquilini della palazzina A sono maggiorenni e diciamo che nessun inquilino della palazzina A è maggiorenne, è possibile che, essendovi un solo inquilino maggiorenne nella palazzina, le frasi risultino entrambe false. Abbiamo un maggiorenne, ma non “tutti” e non “nessuno”.

Quanto alle proposizioni contraddittorie, invece, si tratta di proposizioni che non possono essere entrambe vere o entrambe falese; una di esse deve per forza di cose essere vera. E l’altra deve essere falsa.

“Tutti gli inquilini della palazzina A fumano”. “Qualche inquilino della palazzina A non fuma”. La verità di una proposizione, qui, implica la falsità dell’altra.

I ragionamenti

Andiamo, infine, al ragionamento. Esso si osserva in presenza di proposizioni connesse tra loro, le quali hanno carattere di verità o falsità, ovviamente.

È ultra noto il sillogismo di ispirazione aristotelica. Si tratta di un ragionamento deduttivo che parte dal generale e giunge al particolare. Le sue premesse sono universali: tutti gli uomini devono nutrirsi; e giunge ad una conclusione particolare: Mario, che è un uomo, deve mangiare.

Ricordiamo che, invece, il ragionamento induttivo parte dal particolare per giungere all’universale.

In ogni caso, il ragionamento conta due premesse ed una conclusione.

“Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, Socrate è mortale”.

Il sillogismo perfetto

La perfezione di un sillogismo dipende dalla presenza di tre proposizioni nel ragionamento o nel discorso:

  • La premessa maggiore
  • La premessa minore
  • La conclusione.

La premessa maggiore, dovrà sempre essere universale, affermativa o negativa. “tutti gli uomini sono mortali”.

Un sillogismo potrebbe essere corretto, ma non vero. Esso sarà perfetto solo se vero e corretto.

Se le premesse sono entrambe vere, il sillogismo sarà sia corretto, sia vero.

Ecco un esempio di sillogismo falso: tutti gli uomini miagolano. Socrate è un uomo. Socrate miagola.

La falsità della prima premessa rendere falso il sillogismo, sebbene corretto.

La logica per distinguere il vero dal falso

Naturalmente, conoscere fa parte degli obiettivi di ognuno di noi. A maggior ragione di quelli di chi si tuffi nel mondo della logica.

Se un sillogismo può essere corretto ma falso, come si può procedere per evitare abbagli? Ossia, come sapere se una premessa è vera o falsa?

Sempre padrone incontrastato della logica, Aristotele, nelle sue lezioni, avverte spesso su questo punto.

Osservare la realtà è la prima lezione da proporre a chi ha sente di sapere. Esiste, dice Aristotele, l’intuizione, che ci consente di trovare dei riferimenti saldi, da assumere come principi primi, veri, universali.

L’osservazione della realtà, anche quando non sia possibile ricorrere a dati di carattere dimostrativo, può consentire all’intelletto di intuire delle verità assolute. Pensiamo alle forme geometriche, ad esempio. Il pensiero razionale consente di distinguere il vero dal falso. Le forme dell’essere e quelle del pensiero sono intimamente collegate. Il pensiero razionale trova corrispondenza nella realtà. Esiste un rapporto di necessità tra il pensiero razionale e la verità. Un’affermazione è vera quando rispecchia la realtà delle cose. La logica, in connessione con la metafisica, pertanto, consente di conoscere la sostanza. Ed è proprio ciò che rappresenta l’obiettivo di ogni ragionamento.

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